Un bell'articolo scritto da Paola Timossi per Mente Locale un ottimo Newspaper's Web di Genova diretto da Laura Guglielmi.
Quello che segue è il testo dell'articolo pubblicato il 14 OTTOBRE 2002

Sergio Capone da Leonardi V-idea
Capone inaugura una personale lapidandosi in foto. In mostra due installazioni e alcuni video.


Genova 14 OTTOBRE 2002 - Paola Timossi


Presso i locali dell'Associazione Leonardi V-idea di piazza Campetto 8A è in corso una mostra dell'artista Sergio Capone (nato a Benevento nel 1958, attivo tra Carpi e Modena). La mostra, che proseguirà fino al 30 ottobre (tutti i giorni dalle 16.30 alle 19.30) è stata inaugurata il 10 ottobre con una performance, durante la quale l'artista "lapidava" una sua foto. Quello che segue è un resoconto di quella performance


L'esordio è un'attesa. L'artista è seduto per terra; al suo fianco, un po' discosto, un sacco pieno di pietre e, poco più lontano, una strana double-chair, una sedia con rotelle e gambe che trasmette allo spettatore un'idea di vacillante instabilità; la sedia è foderata con una bandiera dell'Europa. Sul muro, davanti all'artista, campeggia una sua fotografia, enorme e scura - opera di Olivo Barbieri - . Piano, inizia il movimento. Che è un dialogare nel silenzio, interrotto poi dal battere ritmico delle pietre nel sacco che, una volta sulle spalle del performer, seguono l'incalzare dei suoi passi, lineari dapprima, circolari poi, per divenire sordo rimbalzare se lanciati contro la fotografia. Foto che a volte resiste - alcune pietre vengono rigettate - e che altre volte cede - qualche pietra rimane incastonata lì, sul volto - . Poi, l'ultimo grido e l'ultimo lancio. Capone lapida sé e lapida il Vecchio Continente, quell'Europa di cui si riconosce corpo, ma di cui non accetta una politica a suo dire ottusa e poco attenta alla realizzazione di un'autentica coesistenza delle culture. Lapida l'immagine e agisce contro la reificazione: l'immagine è cosa, il corpo che lancia è invece vivo. Impadronendosi delle forme della giustizia coranica, ci ricorda che "il mondo è diventato pieno, ma non è uno" [Zygmunt Bauman], ovvero che insieme al cosmopolitismo e all'ibridazione dei mercati, anche quelli del sapere, sopravvivono e si rinforzano nuovi territorialismi e xenofobie, prodotti di una globalizzazione non regolamentata da politica e cultura. La politica che non si fa esempio di sforzo civile non è in grado realmente di com-prendere l'alterità e non comprendendo, perde consapevolezza. Potremmo leggere in questo lancio di sassi anche un preciso messaggio ad un'Europa che rinuncia a farsi promotrice di una risoluzione della questione mediorientale, e del conflitto che insanguina una terra dalla quale dimentichiamo provenga anche parte della nostra cultura. E ancora, i sassi che Capone lancia sono stati raccolti a Genova: a noi la libertà di leggere una metaforizzazione, un simbolo di ciò che la nostra stessa città ha vissuto nel luglio di un anno fa, in occasione del G8.


In mostra sono presenti, oltre la foto "lapidata" e due installazioni, alcuni video: "Stati Uniti (Installazione in una valigia)"; "Il tabù (messa in opera di). La paura (messa in onda di)" e "Cinque isteriche ipercinesi", tutti del 2001.


si ringraziano della cortesia: Paola Timossi e Mente Locale